“A un tratto, nel crepuscolo, le parve di distinguere le fragole. Allora, tutto ciò che c’era in lei d’infantile esplose”
C’è un’espressione che uso sempre quando lavoro con un autore a un suo testo, quando edito o durante una lezione. La uso quando voglio suggerire all’autore di fare qualcosa capace di trascinare il racconto lì dove l’esperienza vissuta dal personaggio diventa unica, nuova, non intercambiabile con quella di un altro, di un’altra storia, non una delle tante. É un’espressione che uso per riferirmi a qualcosa capace di far arrivare la scena a un livello diverso. Questa formula, non so quanto sia efficace, la dico anche a me stessa quando voglio portare il lettore in un posto preciso, il territorio in cui esplodono, insieme, le emozioni dei personaggi e quelle dei lettori.
A quel punto, dico: è il momento di alzare la temperatura emotiva del racconto.
Non è qualcosa che accade sempre. In tante storie non accade mai. Le cose in un testo possono essere tutto ma possono anche arrivare a essere al massimo poco più di niente, cose anonime, scambiabili, trattamenti mediocri, la copia di mille riassunti, per dirla con Samuele Bersani. Insomma, le cose all’interno di un testo possono mostrare di non avere carattere, di non riuscire ad affermare la loro personalità. Sono cose qualunque, nate morte, che restano fredde nel corso dell’opera. Se le guardiamo da vicino ci rendiamo conto che non hanno mai neanche avuto un volto, che i loro lineamenti appena abbozzati non ci permettono di legare la parola a un nome e il nome a una vera identità narrativa. Non è che si tratti di romanzi privi di avvenimenti, svolte tematiche, al contrario, può darsi che queste storie siano stipate di fatti, personaggi e colpi di scena, può darsi che in queste storie accadano molte cose, troppe, ma che l’emozione non arrivi mai. Come si spiega? Possibile che quel troppo, per paradosso, porti a una diminuzione. Forse. La continua ricerca di movimento, il cavalcare la tensione e la varietà senza un vero scopo porta all’opposto, in sintesi può accadere che l’eccesso di sensazione produca insensibilità.
Ma se siamo qui a parlarne vuol dire che a volte accade l’opposto. Il significato produce emozione, come ha scritto Robert McKee in Story, il suo famosissimo saggio sulla scrittura cinematografica. Così possiamo fermare la nostra attenzione su storie significative ed emozionanti, nelle quali la temperatura emotiva (lasciatemi usare questa formula discutibile) si alza fino a raggiungere livelli intollerabili che mandano in frantumi i meccanismi di difesa dei personaggi, le loro piccole equivoche identificazioni e tutto questo mostra loro qualcosa, di loro stessi, del mondo, che prima non avevano degnato della giusta considerazione.
Dove avviene tutto questo? In due luoghi distinti che però si saldano insieme nel tempo in cui si dispiega l’esperienza del testo: nell’opera letteraria, nella vita di chi la attraversa come lettore.
Quando la temperatura emotiva del racconto di alza accade al lettore di capire e sentire qualcosa, di capirlo e di sentirlo insieme ai personaggi della storia che sta leggendo. Il lettore sente e capisce, e fin qui nulla di eccezionale, è quello che accade quando percorriamo un’opera dall’alto valore letterario, ma la cosa eccezionale è che questo sentire, questa comprensione non restano confinate all’esperienza di lettura ma hanno una ricaduta fuori dal testo, nella vita di chi legge. Può capitare, a chi legge, di sentirsi di colpo grato, o miserabile, invaso dalla gioia, catturato da una nera disperazione, avvolto dal disincanto o dalla speranza. La storia diventa quindi un luogo in cui non è possibile sostare rimanendo passivi, subendo quello che accade come semplici spettatori. L’innalzamento della temperatura emotiva del racconto conduce alla partecipazione. Allora, quando il lettore e i personaggi sentono e capiscono insieme, il corpo della storia diventa caldo, vulnerabile e pieno di promesse, la storia è viva, respira, possiamo toccarla ed essere toccati da lei. Dove accade tutto questo, questo spostamento dal senso all’esperienza? Nelle frasi. Attimi di vita intensa dalla storia passano ai personaggi, questo vuol dire alzare la temperatura emotiva del racconto. Le emozioni dei personaggi, in quel momento, esplodono. Una nuova comprensione della vita, di quello che sono, di quello che desiderano o di cui hanno paura, li travolge. In quel momento la loro adesione al mondo è totale e così la nostra. La percezione dell’esperienza umana, distillata in queste frasi, è sublime. Niente viene addossato al lettore in modo sbrigativo o sciatto, niente viene spiegato, consegnato al lettore come un fagotto senza valore, tutto viene trasmesso. Niente è detto eppure tutto parla.
In un campo battuto dalla pioggia, in un romanzo di Émile Zola, si compie l’epifania della felicità e dell’innocenza. La felicità continua a esistere e a risorgere, così come l’innocenza di Nanà, da qualche parte lì fuori. Non importa quante volte lei l’abbia perduta, quante volte si ritroverà a perderla, c’è un luogo dentro di lei nel quale è possibile ritrovare tutto quello che le è stato sottratto quando era ancora una bambina.
Con lei, nel campo, è possibile inginocchiarsi davanti a qualcosa di sacro per noi, inginocchiarci e buttare via l’ombrello, decidere di esporci ai rovesci d’acqua, senza paura, raccogliere quello che viene senza quasi vedere quello che stiamo afferrando, infilando le mani bagnate tra le foglie. Toccare quello che non riusciamo a vedere perché la luce sta calando e sentire, come una volta, lo stupore e la bellezza non delle fragole stesse, ma della nostra emozione, l’emozione di Nanà, quella di chi legge, inalterata nel tempo e nello spazio, la superfice incorrotta di quel campo, di quell’esperienza, qualunque cosa sia accaduto, o accadrà nella storia. Questo è quello che intendo quando dico: alzare la temperatura del racconto.
Di questa e di altre indimenticabili sequenze letterarie parleremo ne corso di FASSBINDER laboratorio di scrittura senza preliminari. Il prossimo appuntamento è il 18 Novembre ed è dedicato alle FRASI CHE BRILLANO
Il laboratorio è permanente e si svolge 1 volta al mese, sempre di sabato per 4 ore online a telecamere spente, se volete. Senza lezioni standard, esercitazioni, presentazioni, senza l'obbligo di socializzare.
5 appuntamenti 5 mesi. E poi un editing individuale (su un romanzo o un racconto)
Il prossimo appuntamento è il 18 novembre, online, ed è dedicato alle frasi di testi eccezionali. Come sempre: sprofondiamo nei testi.
Il Laboratorio di Scrivere di Notte è a cura di Emanuela Cocco
Info e iscrizioni: scriveredinotte@gmail.com
Per ora è tutto, ciao, ci vediamo una di queste notti :)
* La citazione, tratta da “Nanà” di Émile Zola è stata tradotta da Maria Bellonci