Scrivere ed editare
andate in quel posto
Una volta sono uscita a passeggiare in un posto che non era casa mia e non gli somigliava neppure un po’, era un luogo in cui non ero mai stata ed ero sola, dovevo arrangiarmi. Non sapevo cosa fare così ho cominciato a percorrerlo senza una meta precisa, un po’ alla volta, mi sono detta, ci farò l’abitudine, magari, mi sono detta anche questo, incontrerò qualcuno, magari sparso qui intorno troverò qualcosa e questa cosa mi dirà cosa ci faccio qui, cosa si aspetta questo posto da me, e perché.
La prima volta non è andata bene, la prima volta in cui sono stata in questo posto non ho trovato nulla che già non conoscessi. Il fatto è che le cose che erano mie, che erano già mie, mi avevano seguito fin lì e mi stavano tra i piedi, non potevo liberarmene. Provavo a guardare il paesaggio ma non ci vedevo niente di interessante sapevo solo lamentarmi: dalla finestra di casa mia si vede questo e quello, qui non c’è niente da vedere, dicevo. È tutto da rifare.
Quella volta le cose di casa, quelle che conoscevo bene e che credevo di essermi lasciata alle spalle, le cose che conoscevo bene, quelle con le quali ero cresciuta, o che con il tempo avevo imparato ad amare, forse attratte dal mio piagnisteo mi hanno seguita fin lì e hanno cominciato a darmi ragione. Qui non è come a casa, hanno cominciato a ripetere. Ed è finita che ho cominciato ad arredare quel posto con i miei oggetti di casa e il risultato è stato terribile perché quel posto non era la mia casa e non lo è diventato neanche quando gli ho messo addosso tutti i miei ninnoli. Quel posto non era casa e non era neanche più sé stesso, era solo un posto come un altro, un posto che avevo cercato di far somigliare a casa mia, senza riuscirci, un posto che avevo frainteso.
E poi ci sono tornata ancora in quel posto e stavolta le cose che gli appartenevano, le sue cose nuove, le ho viste e quindi ero sicura sarebbe andata meglio, ma poi mi è presa la paura che le vedessi solo io, che a chiunque altro sarebbero potute sfuggire. Che succede, allora, se le cose che ho provato a sistemare a mettere in luce in questo posto, che non è mio, o almeno solo un poco, non le trova nessuno, se a nessuno viene voglia di fare la fatica che ci vuole a passeggiare o anche a correre in un posto che non si conosce per trovare le cose, e sentirle parlare, sentire come suonano le loro parole in quella lingua che non è la nostra, o forse solo un poco?
Ho avuto paura e mi sono detta che avrei preso le cose, tutte le cose che volevo venissero trovate e le avrei raccolte tutte in un unico posto, e le avrei messe in bella mostra, tanto da renderle facili da trovare, tanto che chi si fosse messo in testa di attraversare quel posto se le sarebbe trovate tra i piedi tutte in una volta. E avrei fatto sedere questa persona, l’avrei fatta stare comoda comoda in quel posto che ormai conoscevo bene e che gli avrei portato io le cose, una dopo l’altra, tutte le cose di quel posto, gliele avrei portate io senza che facesse nessuno sforzo. E così ho fatto, ma anche allora quel posto è scomparso, seppellito da tutte le cose messe lì davanti alla porta, le cose già scoperte private del loro mistero.
Per concludere, come si edita un testo? Andate in quel posto. Non restarvene a casa, andate in quel posto. Tutto quello che so è più o meno questo: per editare un testo dovete lasciare casa vostra, dovete muoverci e andarci, e so anche che non basterà farlo una volta sola, so che dovrete tornarci e tornarci un bel po’ di volte. Tornate in quel posto, guardatevi intorno. Portatevi dietro le vostre cose, vi serviranno, ma non state lì a cambiare l’arredo di scena, non fate sostituzioni, e non ripulite troppo, non pulite così’ tanto da renderlo impersonale, e non mettete le cose che ci trovate dentro tutte davanti alla porta, non ingombrate il passaggio del lettore. Andate in quel posto: questo, più o meno, è tutto quello che so sul come si edita un testo.
Il resto ce lo dice Dario Voltolini, che è l’ospite di questo lunedì e ci porta a vedere un editing pazzesco, in tutti i sensi.
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Editando l’infinito
di Dario Voltolini
Testo arrivato in redazione:
Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Proposte dell’Editor:
“Sempre” è continuativo, mentre “fu” è puntuale, per cui meglio “mi è stato e ancora oggi mi è”.
“Ermo” è un refuso. Sostituire con “Fermo”.
“Questo” e “questa” è una ripetizione, inoltre sono due e quindi è plurale, per cui “mi sono stati e ancora oggi mi sono questi”.
“Tanta”, meglio “una gran parte”
“Ultimo orizzonte” è per definizione l’ultimo, inoltre è ambiguo a causa della sua accezione temporale che potrebbe far pensare addirittura alla morte, per cui lasciare solo “orizzonte”
“Il guardo” non si capisce, e poi di chi? Sostituire con “Il mio sguardo” e mettere il plurale “escludono”. Ma meglio ancora di “escludono” che è escludente, sarebbe “Celano al mio sguardo” che è anche più elegante e cita Celan.
“Ma” è un’avversativa che non si capisce bene cosa avversi. Togliere.
“Sedendo e mirando” è abuso dei gerundi, meglio “me ne sto seduto” e “sto a guardare”, perché “mirare” è ambiguo e può far pensare a una carabina. Meglio ancora “sto a vedere”, così si evita la ripetizione guardo/guardare.
“Interminati” refuso. “Sterminati” fa pensare agli Ebrei. Mettere “Senza fine”, che richiama Gino Paoli e la Vanoni che hanno avuto una storia d’amore, che in questo racconto che ci ha consegnato l’autore un po’ manca.
“Quella” non concorda con niente, meglio eliminare “Di là da” è cacofonico. Meglio “là davanti”.
“Sovrumani silenzi” è esagerato, poi non possono essere più di uno, i silenzi. Manca l’articolo. Per logica. Meglio “Un grande silenzio”. “Quiete” fa già parte del silenzio per cui togliere. Così va via anche “profondissima”, che era un abuso del superlativo. Eliminiamo anche l’errore di mettere tre “e” in un elenco.
“Io nel pensier mi fingo” è ambiguo. Meglio mettere il pronome all’inizio e al posto di “fingo” mettere “immagino”, per evitare il senso di “finto”, “falso” ecc…
“Ove per poco il cor non si spaura”: “ove” è refuso per “uova”; “per poco” non va bene perché ha il significato di “per così poco?”, meglio “a momenti”, più colloquiale; “cor” è corto, meglio “cuore”, anzi per evitare ambiguità fra i personaggi, meglio specificare “il mio cuore”; “spaurarsi” è dialettale, preferibile il più alto e colto “non prova un malcelato sgomento”, che amplia anche l’immagine, altrimenti un po’ troppo ellittica.
“Come” diventa “quando”, ma posi potrebbe meglio dire “non appena”. Non si comincia una frase con la congiunzione, per cui “e” va via.
“Odo stormir tra queste piante” è ambiguo perché richiama gli uccelli, e “odo” essendo palindromo porta l’attenzione sul significante a discapito del significato, per cui meglio “sento”, meglio ancora “udisco” perché “sentire” non è solo relativo ai suoni, ma per esempio anche alle fitte intestinali. “Tra queste” va semplificato in “nelle”. “Piante” è ambiguo per via di “piangere”, per cui meglio “alberi”.
“Infinito silenzio” andrebbe meglio che ripetesse il concetto espresso prima, cioè “senza fine”, che quindi diventa il titolo del romanzo, ma che per motivi di SIAE conviene scrivere “senza fine mai”, suggerendo con questo anche una velata ma giusta critica al concetto stesso di ergastolo.
“Questa voce” potrebbe essere inteso come riferito al narratore, meglio ripetere “il suono del vento”.
“Vo comparando” abusa del gerundio e “Vo” sembra una targa automobilistica, inoltre è un semema di moto, mentre qui si deve stare ben fermi, per cui meglio “io paragono”, messo al posto giusto all’interno della frase, che ripete il pronome troppo spesso assente nel testo, elusione che crea ambiguità.
I due punti seguiti da “è” non è grammaticale. Meglio il punto fermo e poi spiegare esplicitamente e non ermeticamente con “Mi ritorna in mente”, che riprende in maniera sottile la canzone d’autore già citata con Paoli. “L’eterno” è una forzatura, meglio “l’eternità”. Anzi, meglio ancora la citazione esatta e concediamovi un vocativo ogni tanto per dare ritmo alla narrazione: “Mi ritorni in mente, eternità”. “Le morte stagioni” è poco chiaro, meglio esplicitare con “le stagioni che ormai sono passate”. “La presente e viva e il suon di lei” non va bene, troppe congiunzioni, “il suon di lei” è semplicemente “il suo suono” ma meglio ancora “i suoi suoni” perché in quanto tale una stagione non ha un suono però con un’ardita metafora che possiamo ben concederci, ne contiene molti, “la presente” aggiungere “stagione”, “e viva” ricorda “evviva”, meglio “in cui io sono vivo”. La lista dell’elenco con le “e” è un errore. Inoltre bisognerebbe dire “mi ritornano in mente”, ma così si perde l’allusione. Quindi usare il “con”, anche se in francese suona male. Ma bisogna pur osare!
“Così tra questa immensità s’annega il pensier mio”: l’indicale “così” non indica un bel nulla, meglio “pertanto”, più preciso. Il testo è pieno di ripetizioni, di “questo”, “quello”, “questa”, ecc… Meglio sostituire con “Nell’immensità” che allarga lo sguardo altrimenti un po’ claustrofobico verso una cosa grande, inoltre meglio tre rimandi alla canzone popolare che solo due. “S’annega” è splatter. Meglio, per mantenere il suono e la metrica, “si nega”. “Il pensier mio” è corretto in “il mio pensiero”. I due punti, come sopra, non vanno. Quindi mettere il punto fermo e poi esplicitare il contenuto.
“E il naufragar m’è dolce in questo mare” non va, perché il richiamo ai naufraghi è divisivo. Sostituire con “fare il bagno”. Ma in maniera subliminale e anche per togliere l’ennesimo “questo”, il concetto potrebbe essere velatamente suggerito (anche perché “questo mare” quale? È evidentemente l’Adriatico, visto che l’autore è di Recanati, dove c’è persino un porto, Porto Recanati), ma molto meglio di “Adriatico” usare una sineddoche (il tutto per la parte, se non lo sapete) e dire “Mediterraneo”. “Dolce” è un ossimoro involontario trattandosi di mare, per motivi già ricordati sostituire con “che ha sapore di sale” per andare incontro al lettore. Aggiungere nel finale una chiusa all’altezza del testo, che concluda ma dischiuda che rimandi ma ritorni, che termini in crescendo ma comprensibile a tutti. Direi quindi “è bello!”, con un uso dell’esclamativo che fa tanto baby boomer, una fetta di pubblico da non dimenticare.
Testo editato:
SENZA FINE MAI
Mi sono stati e ancora oggi mi sono cari questi fermo colle e siepe che celano al mio sguardo una gran parte dell’orizzonte.
Me ne sto seduto e sto a vedere spazi senza fine là davanti e un grande silenzio io immagino, uova a momenti il mio cuore non prova un malcelato sgomento. Non appena udisco il vento negli alberi io paragono il silenzio senza fine e il suono del vento.
Mi ritorni in mente, eternità, con le stagioni che ormai sono passate, con la presente stagione, con i suoi suoni, in cui io sono vivo.
Pertanto nell’immensità si nega il mio pensiero. Fare il bagno nel Mediterraneo che ha sapore di sale è bello!
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Dario Voltolini è autore di racconti, di romanzi, volumi illustrati, radiodrammi e tante altre cose, è in libreria, tra gli altri, con questo romanzo che ho appena finito di leggere, e che vi consiglio.
Ah, un’ultima cosa, Dario Voltolini è anche il direttore di collana Pennisole, per hopefulmonster, una collana di letteratura italiana contemporanea, da seguire.
La trovate qui:
https://hopefulmonster.net/libri/collane/pennisole/
Per questa notte e tutto, ci vediamo tra una settimana.
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Ma che cos’è Scrivere di Notte?
Scrivere di notte è una scuola di scrittura fondata e diretta da Emanuela Cocco.
Un modo di stare nel testo
Ma poi Scrivere di notte è soprattutto un modo di stare nel testo. Qualcosa che ha a che vedere con l’intensità, con la profondità e il riconoscimento.
Di cosa si parla qui sopra?
Qui si parla di scrittura, di come sono stati scritti certi libri, certi racconti, una serie, un film, un fumetto, una lista della spesa, una lettera d’amore o una resa dei conti grondante odio.
Vi racconto cosa ne penso di questa cosa che facciamo un po’ tutti, o quasi, chi meglio chi peggio, che poi si chiama scrivere, che è un po’ come la vita, senza regole, una cosa nella quale vanno bene strategie diverse per persone diverse, e atteggiamenti d’autore, e pratiche di scrittura. Niente trucchi, niente tecniche, niente fottutissime cassette degli attrezzi, per capirci.
Poi vi dico anche qualcosa al volo sugli eventi organizzati da Scrivere di Notte, sui laboratori che tengo, cose così. Ma senza esagerare.
Ogni lunedì notte.
Restiamo in contatto?
Se ti va, quindi, possiamo incontrarci qui sopra ogni lunedì notte. Oppure in giro, in questi altri posti:
Scrivere di notte ( Tra poco sarà online Il sito della scuola) Così saprai sempre cosa combiniamo, dove, quando, con chi
Scrivere di notte (Il gruppo privato su Facebook) ci trovi video lezioni e laboratori online gratuiti e notturni. E ci trovi autori, lettori, persone simpatiche.
@scriveredinotte (Il canale youtube) dove sta di casa la video rivista con ospiti autori contemporanei, e lezioni di scrittura libere e gratuite. (Manca poco e lo troverai online)
scriveredinottee (Il profilo Instagram) Foto di libri con tatuaggio, video - lezioni
Scrivere di Notte (La pagina Facebook) varie notizie su eventi, le foto di #scrivere
Oppure scrivimi
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Se invece vuoi saperne di più sul mio conto:
Il mio sito personale, dove trovi le cose che ho fatto e alcune di quelle che farò
Il mio profilo facebook, dove faccio gli I Ching con i libri e mostro i miei pancake
E vedersi dal vivo, guardarsi in faccia?
Si può fare. Scrivere di notte e Il Pasto Nudo organizzano SATANTANGO libero e gratuito laboratorio di scrittura un laboratorio in presenza, 1 sabato al mese con autori ospiti, presentazioni, lezioni ed esercitazioni di gruppo. Sì è gratuito. Scrivimi
Ora sai tutto. Ci vediamo una di queste notti.